sabato 28 settembre 2013

Tondo è bello

Abbiamo già parlato in passato delle molte difficoltà che si trova ad affrontare il musicista nella sua vita, appunto, di musicista; è quindi giunto il momento di mettere da parte gli artisti e parlare per un po' di noi del popolo e di quello che capita quando il volgo si mette in testa di andare a vedere un concerto. 
Riconosco che spesso tutto fila liscio: vai, prendi da bere, ti godi il tuo concerto e torni incolume, però ci sono le altre volte, quelle dispari, ed è appunto di quelle che mi accingo a parlare.
Ovviamente quella che vado a raccontare è una delle molte esperienze accumulate nel corso degli anni; per amor di brevità (e anche un po' per pietà nei vostri confronti), oggi mi limiterò a questa, lasciando a post futuri il compito di completare il quadro.


*****


E' una bella giornata, ho finito di lavorare presto (o forse quel giorno non lavoravo proprio) e quindi ho voglia di uscire e passare una bella serata in compagnia, magari andando a vedere un bel concerto. Passo a prendere la Rini a domicilio e mi lancio (si fa per dire, la Fiesta ha i suoi anni) sulla E45 in direzione Ravenna, confidando che il navigatore ci condurrà fino al Mama’s dove Farnedi ha in programma un  suo concerto. Giunta in fondo alla strada, laggiù dove l’oscurità è assoluta, sono lì che guardo il navigatore per capire quale delle due uscite prendere, onde evitare di finire a Ferrara, quando all’improvviso mi trovo i fari di un’auto puntati addosso.

La prima cosa che immagino venga in mente a entrambe (la Rini mi correggerà se sbaglio) è: Oddio, ci rapinano!
Avvicinandoci un po’ di più noto un tizio in piedi  e capisco che trattasi di un controllo della Guardia di Finanza (che poteva trovare anche un altro posto dove non rischiava di far venire un infarto ai conducenti ma comunque). Il tipo mi chiede patente e libretto come da programma e, mentre io scartabello nel vano documenti alla ricerca del libretto, comincia a fare alla Rini un sacco di domande su dove andiamo, cosa facciamo, quale concerto, insomma un pacco di fatti nostri, che ti verrebbe da dire alla faccia della privacy ma, cosa volete che vi dica, faccio sempre fatica a trovare da discutere con  chi ha il porto d’armi. Tutto questo mentre il suo zelante collega mi controlla la patente.
E qui ecco che ti arriva il colpo di scena: non riesco a trovare il libretto della macchina. Ora, nel mio universo di maniaca del controllo, scoprire che il libretto della macchina non è al suo posto è paragonabile allo scoprire che la terrà in realtà è piatta e che a un certo punto c’è un’enorme cascata dove tutto precipita nel nulla, in sostanza: non è concepibile, non esiste, NO. 
Alla notizia che non trovo il libretto l’uomo della legge non fa una piega e ci dice: andate pure, al che io lo guardo incredula e ribatto: No, No, il libretto deve saltare fuori!  
Nel frattempo la Rini mi sta dando vigorosamente di gomito (lividi ovunque) e sibilando: Dai che ha detto che possiamo andareeeee!!!! quindi, seppur controvoglia, riparto e mi dileguo.
Fortunatamente, un secondo controllo, una volta arrivati al locale, rivela il libretto in fondo al plico di documenti nell’apposito vano, il meccanico che ha portato la macchina a fare la revisione non l’ha rimesso nella sua cartellina di plastica (anatema!)
Mi sfugge un sospiro di sollievo, sono stati momenti difficili ma alla fine tutto è tornato alla normalità, il mondo è salvo e la terra è di nuovo rotonda.




P.SQuesto articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press

mercoledì 11 settembre 2013

Prima di andare a Napoli è meglio riempire il bicchiere

Essendo arrivato settembre, mi tocca ricominciare a lavorare, è triste ma inevitabile. 
Mercoledì mattina alle 12.07 dovevo partire per Napoli per andare a fare uno dei miei soliti lavori da interprete e il martedì pomeriggio, non avendo ancora ricevuto indicazioni precise dal cliente (quelle cose assolutamente superflue come quando e dove incontrarsi), l'agitazione aveva raggiunto e superato il livello di guardia.
Rico era partito il martedì mattina per andare a suonare a una delle mille feste che seguono le presentazioni dei film al festival del cinema di Venezia e sarebbe rimasto fuori a dormire, quindi quel pomeriggio a casa c'eravamo solo io e le mie paranoie (e se ritarda il treno e perdo la coincidenza? E se alla fine si scopre che l'appuntamento è fuori Napoli? Come ci arrivo? E se cade un meteorite sulla mia camera d'albergo?)

Verso le 22, mentre facevo la valigia in pieno picco d'ansia, mi ha inaspettatamente telefonato Rico per dirmi che, avendo finito prima del previsto, avevano deciso di tornare subito a casa (suppongo che la telefonata mirasse a evitare che nel cuore della notte lo scambiassi per un ladro e lo prendessi a padellate).

Versione n°1: BMV*
La mattina dopo sono uscita di casa con il mio trolley e la borsa, ho caricato tutto nel bagagliaio e acceso la macchina. Non è partita. Momento di panico. Mentre iperventilavo, ho notato l'orologio di fianco al volante, era spento. Azz! La batteria era morta. Ma come?!! Non è mica vecchia! Mistero risolto con un'occhiata al cruscotto: avevo lasciato le luci di posizione accese tutto il giorno prima, sono un vero genio.
Mi sono fatta dare un passaggio da Enrico e, una volta arrivata in stazione a Cesena mi sono seduta in attesa del treno; solo una volta passato l'orario di partenza è apparso sul tabellone un ritardo di dieci minuti, a quel punto la coincidenza era a rischio e, ovviamente, potevo scordarmi di riuscire a prendere un panino per il pranzo una volta arrivata in stazione a Bologna.
In un ultimo, disperato tentativo, ho cercato di comprare un sandwich in quelle macchinette tristissime sul binario ma non avevo spicci per cui sono andata in tabaccheria a comprare delle caramelle per farmi cambiare i soldi; ovviamente,
proprio prima di me c'era un ragazzo a cui servivano delle fotocopie e sospetto che la signora della tabaccheria avesse la macchina rotta e gliele abbia ricopiate a mano, almeno spiegherebbe l'eternità che ci ha messo a far tre fotocopie. Quando finalmente sono arrivata davanti al distributore e stavo per infilare la moneta nella fessura , proprio in quel momento è comparso il treno, che già che c'era poteva tardare un altro minuto e lui invece no, che bello.
Dopo un'ora in treno, passata elaborando millemila piani di emergenza per far fronte all'eventualità della perdita della coincidenza, arriviamo finalmente a Bologna, sempre con il nostro ritardo di dieci minuti (la coerenza innanzitutto).
Balzo fuori dal treno (si fa per dire, avevo trolley e borsa strapiena) e mi dirigo speditamente verso la nuova area della stazione per i treni ad alta velocità, una roba tutta acciaio e cemento, tipo Blade Runner ma più deprimente, che immagino abbiano costruito per facilitare le cose ai treni, o almeno lo spero, perché al passeggero questa simpatica novità rompe parecchio gli zebedei, costringendolo a una maratona tra scale mobili, corridoi e altre scale mobili.
Arrivo finalmente giù e raggiungo il binario solo per veder comparire sul tabellone il simpatico numeretto 40 nella colonna dei ritardi. Mo che ti venisse!

Versione n°2: BMP**
La mattina dopo sono uscita di casa con armi e bagagli e ho scoperto che la batteria era deceduta causa invornimento della proprietaria (avevo lasciato accese le luci di
posizione); fortunatamente la sera prima Enrico, invece di rimanere a dormire fuori, era tornato a casa e quindi mi ha potuto dare un passaggio in stazione dove mi sono seduta in sala d'attesa a leggere, dato che il treno era in ritardo.
Ero comprensibilmente preoccupata, dovendo prendere la coincidenza per Napoli a Bologna, il ritardo poteva mandare tutto a monte e, anche nel migliore dei casi, non mi avrebbe dato tempo di comprare qualcosa da mangiare. Ho considerato la possibilità di prendere qualcosa da mangiare dal distributore automatico sul primo binario ma proprio mentre mi accingevo a farlo è arrivato il treno.
Durante il viaggio ho riflettuto su cosa avrei fatto in caso di perdita della coincidenza e mi sono venute in mente varie opzioni possibili, in fondo era presto, avrei dovuto semplicemente cambiare il biglietto con quello di un treno successivo, niente di impossibile.
Una volta in stazione a Bologna sono scesa nell'area sotterranea riservata ai treni ad alta velocità; le varie scale mobili si sono rivelate una benedizione per chi come me aveva bagagli. Scendendo sembra di entrare in
un mondo parallelo, è tutto molto silenzioso, con poche persone, davvero rilassante.
Ero appena arrivata sul binario quando hanno annunciato che il treno sarebbe partito 40 minuti dopo; riflettendoci, è stata una vera fortuna non essere riuscita a comprare il panino dal distributore a Cesena, con 40 minuti a disposizione sarei riuscita a mangiare qualcosa seduta e in tranquillità.

Bene, io quello che dovevo fare l'ho fatto, adesso tocca a voi.
Scegliete pure la versione che preferite ma se volete un consiglio, si vive meglio con la seconda.


* Bicchiere Mezzo Vuoto
** Bicchiere Mezzo Pieno

martedì 3 settembre 2013

Ferragosto sì ma in edizione limitata

Come ho già detto in altre occasioni, in quel della riviera romagnola siamo ormai rassegnati al fatto che ci sono periodi in cui tocca voltare le spalle alla terra natia, schifare il mare e cercare rifugio altrove. La settimana di ferragosto è uno di questi periodi.
Normalmente, nei due giorni che precedono e seguono ferragosto, per convincermi a uscire di casa per andare al mare dovrebbero bombardare casa mia e tutto l'entroterra per chilometri, in questo caso invece ho deciso di trasgredire il santo precetto, sfidare gli dei e osare l'impensabile: venerdì 16 agosto, in pieno ponte di ferragosto, ho preso lo scooter per andare a Valverde di Cesenatico.
La meta del mio breve viaggio era il bagno Bahamas dove, quella sera, il duo Formazione Minima (anche noto agli amici come i Lorenzi) si sarebbe esibito verso le 21.30 in uno spettacolo di teatro-canzone.
Riesaminando la situazione col senno di poi, mi rendo conto che nel corso della serata il cielo mi ha mandato diversi segnali (stai a casa!), in effetti me ne ha inviati a frotte ma, purtroppo, non me ne sono mai accorta. Facciamo qualche esempio:
1) sono nell'ingresso di casa poco prima della partenza: prendo la borsa, ci infilo la felpa e la sciarpina di sicurezza (abbiamo una certa età e con gli spifferi non si scherza), esco di casa, chiudo la porta, metto le chiavi di casa nella borsa, apro il bauletto dello scooter per estrarre il casco e metterci la borsa ma dentro invece del mio casco ci trovo quello di Farnedi. Mi maledico per non averci pensato, apro la borsa, estraggo le chiavi di casa, afferro il casco Farnedi, riapro la porta di casa, prendo il mio casco, appoggio l'altro sul mobile, esco e richiudo a chiave.
2) sbuffando mi metto la felpa e il casco e, proprio in quel momento mi viene in mente che il portafogli non è nella borsa come al solito, l'ho usato nel pomeriggio per un acquisto online ed è quindi tuttora di sopra, in salotto; altre maledizioni, devo tornare a prenderlo ma non posso farlo messa così, suderei fino al midollo! Mi tolgo casco e felpa, riapro il bauletto, dove nel frattempo avevo messo la borsa, e riparte la trafila chiavi-apri porta-vai in salotto-scendi. Una volta di sotto, accendo la luce dell'ingresso per controllare di avere almeno cinque euri nel portafogli ma mi sbaglio e accendo la luce fuori sotto il portico, per fortuna riesco comunque a scorgere dieci euri nella penombra, per stasera mi bastano, siamo a posto. Chiudo tutto, porta, borsa, bauletto, indosso felpa e casco e finalmente sfreccio via verso sabbiosi orizzonti.
3) mentre mi allontano a tutta velocità (ormai sono oltre il ritardo), con la coda dell'occhio registro qualcosa di strano, mi volto un secondo e...la luce del portico è accesa! Mi sono dimenticata di spegnerla, e ovviamente l'interruttore è dentro casa. Per un istante accarezzo la possibilità di fregarmene e andare via, dopotutto sono sicura che Farnedi, se gli dicessi che mi sono dimenticata la luce accesa per quattro ore, sarebbe più che comprensivo ma, essendo che io sono io, non resisto e torno indietro, meditando sul numero di capelli bianchi che mi regalerà la serata.

Come previsto, una volta giunta in zona Cesenatico, mi trovo a combattere con un traffico a dir poco folle: macchine che vanno ai due nella speranza (vana, però chi ha il coraggio di dirglielo?) di trovare un parcheggio sul lungomare, gente in bicicletta contromano e/o senza lume, carrozzelle/risciò condotti da cerebrolesi con un misteriosi andamenti slalomistici (che ci sia all'orizzonte una gincana  coi risciò di cui nessuno mi ha informata?), insomma, tutto il prevedibile repertorio dei vacanzieri di ferragosto.
Arrivo indenne in zona Valverde e, una volta raggiunto il Bagno Bahamas, inizia la ricerca di un parcheggio per lo scooter. Sì, lo so che potrei anche parcheggiare sul marciapiede come fanno molti ma l'esperienza insegna che, se solo mi azzardo a parcheggiare in divieto in una strada che appare completamente deserta, immediatamente esce da una finestra un vigile/ausiliario del traffico col blocchetto delle multe già sguainato, preferisco non correre rischi. Peccato però che a Valverde non sia ancora arrivata notizia dell'esistenza delle due ruote né, quindi, della necessità di moto-parcheggi; dopo aver percorso circa un chilometro di lungomare imprecando dietro a risciò e autobus, trovo finalmente un parcheggio per moto con ben tre-dico-tre posti, due dei quali già occupati. Sistemo il mio scooter, raggiungendo la quota massima di due- ruote permessa dalla zona, e mi avvio di buon passo verso il lontano Bagno Bahamas.
Quando finalmente arrivo in loco, la performance è ovviamente già in pieno svolgimento, quindi recupero una sedia e vado a sedermi al tavolo della Piraccini, scusandomi per il ritardo e chiedendo se hanno iniziato da molto; lei mi risponde che non lo sa perché, causa disguido fantozziano al chiosco della piadina è arrivata a concerto già iniziato (avevano ordinato i crescioni per tutti ma quando lei è passata a ritirarli, dopo ben 40 minuti di attesa, ha scoperto che questi avevano perso l'ordine e le è toccato aspettare ancora: in sostanza c'è voluto più di un'ora per avere tre crescioni e una piadina col prosciutto).
Al momento il vassoio incriminato giace intonso sul tavolo e la cosa in sé ha implicazioni che obbligano a una riflessione: da una parte significa che i due artisti in piena performance sono a stomaco vuoto da ore e, con l'appetito che si ritrova Gasperoni, temo che finisca col mangiarsi Bartolini facendo diventare ancor più minima la formazione (da i Lorenzi a il Lorenzo, riga), dall'altra implica che le signore hanno deciso di aspettare le loro metà e cenare insieme a fine concerto.
Provo a calarmi per un attimo nella medesima situazione: sono andata io dalla piadinaia a prendere le piadine per tutti, ho aspettato io un'ora lì da sola e alla fine mi tocca avere davanti agli occhi la mia cena per due ore senza poterla mangiare? Va là che non è vero!! Non ho mica ammazzato nessuno!!
Duole ammetterlo ma, tutto considerato, temo che mi beccherei un debito formativo in moglie.
Devo riconoscere però che le privazioni sembrano dare ulteriore slancio alla performance: un Bartolini scoppiettante divora un pezzo dopo l'altro mentre Gasperoni, senza mai perdere un colpo, sorseggia appena può la sua birra, probabilmente confidando che le calorie ivi contenute gli permetteranno di sopravvivere fino al termine del concerto senza fare vittime.
In questi casi le richieste di bis pesano come macigni su quegli stomaci vuoti ma i nostri, consapevoli di aver voluto la bicicletta dell'arte, fanno un ultimo sforzo e, seppur ostacolati da un venditore di rose che si piazza davanti al pubblico schiodando solo una volta venduto anche l'ultimo stelo, danno il tutto per tutto e ne escono vincitori.
Radunando le poche forze rimaste, i due eroi si siedono al tavolo sotto gli occhi preoccupati delle rispettive compagne, afferrano ciascuno un crescione e consumano il loro mesto pasto. Sono momenti difficili da ricordare, non c'è niente di più immangiabile di un crescione tenuto per due ore a contatto con l'umidità marina sembrano dire gli occhi dei nostri, forse solo la piadina col prosciutto cotto ribattono gli occhi della Piraccini, mentre ella mastica rassegnata la sua piadina. In effetti, per quanto deliziosi se consumati subito, il crescione o la piadina lasciati in balia dell'umidità marina si trasformano in un masgotto gommoso che ti fa sudare per mandarlo giù anche dopo averlo masticato a lungo.
Di fronte al dramma che si consuma a quel tavolo, dimentico per un attimo (ma solo per un attimo) le mie preoccupazioni, nello specifico il fatto che nonostante sia il 16 agosto è calato sulla riviera un freddo boia e io, che dispongo solo della misera felpa che indosso, dovrò affrontare i rigori di un viaggio di ritorno in scooter. Riflettendoci meglio però non posso che concludere che, in fondo, anch'io ho voluto la mia bicicletta, ora tocca pedalare.
Saluto tutti e mi avvio, sperando di riscaldarmi un po' nel chilometro di strada che mi separa dallo scooter e da quei tre parcheggi limited edition. 


P.SQuesto articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press