lunedì 27 febbraio 2012

Volo Ryanair: se il neonato grosso non entra nel bagaglio a mano, provate a spingere.


Ho testé ricevuto una di quelle mail che la Ryanair ti manda quando acquisti un volo; in questo caso si tratta di un viaggio che siamo riusciti a prenotare qualche giorno fa, dopo peripezie inenarrabili. Ma no, dai, narriamole.

26 dicembre - decidiamo finalmente di partire per tre settimane di meritata vacanza e, secondo nostro costume, optiamo per una destinazione un po’ stramba: le Canarie, metà tipica per anziani e americanoni. Schiferemo ovviamente Tenerife e Gran Canaria per concentrarci su Lanzarote e Fuerteventura. Partenza il 21 gennaio e ritorno l’11 febbraio. Tre settimane di cazzeggio totale.

27 dicembre (the day after) - la mattina Rico riceve una mail che gli comunica che l’hanno selezionato per un concorso e, ovviamente, deve presentarsi il 26 gennaio per le semifinali. Rumore di sciacquone, bye bye vacanza.

Non mi perdo d’animo e propongo di prenotare un altro volo il 30 gennaio e tornare il 18. Prima ancora di poter prenotare la seconda vacanza, mi telefona Rico (che è fuori per lavoro) e mi dice di aver ricevuto un’altra mail: l’hanno selezionato per un altro concorso e le semifinali saranno quando? Il 16 e 17 febbraio.

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

Non ho scuoiato nessuno ma, durante la notte, mentre osservavo l'ignaro dormiente, il pensiero correva spesso e volentieri alla tanichetta di benzina del tosaerba e alla scatola di fiammiferi appoggiata sul comò.

 

Non è stato facile ma ne siamo usciti, duramente provati dall’avverso destino ma ancora sani di mente. E qui torniamo alla simpatica mail ricevuta da Ryanair con tutti i consigli e le info per la partenza.

Già dopo le prime righe mi sono arenata sulla seguente frase (che copio e incollo religiosamente):

Su ogni volo Ryanair e’ rigorosamente ammesso un solo bagaglio a mano per passeggero (escludendo i neonati , del peso Massimo di 10 kg e con dimensioni non superiori a 55 cm x 40cm x20 ( la propria borsa , valigetta 24 ore , computer laptop, borsa per acquisti, telecamera etc devono essere inclusi nel relativo bagaglio a mano permesso).

Mi sembra improbabile che un neonato possa arrivare a pesare dieci chili ma, essendo io figli-free, non sono sicura quindi vado a vedere su wikipedia:

Al momento della nascita il peso di un neonato a termine, è solitamente compreso fra i 2,7 e i 4,6 kg, la lunghezza è compresa fra i 35,6 e i 50,8 cm anche se non sono rari neonati più lunghi.

Magari come peso ci siamo, però la lunghezza potrebbe causare problemi al gate; mi chiedo se infilino i bambini dentro la struttura in ferro che usano per valutare le dimensioni del bagaglio a mano. E poi se il bambino è troppo lungo cosa fai, lo pigi perché entri tutto o paghi un tot a centimetro?

A volte l’uso corretto della punteggiatura farebbe risparmiare tanto tempo e fatica. Però volete mettere il divertimento di immaginare un bambino di dieci chili lungo max 50 cm mentre lo calano nel misura-valigie?

Ma andiamo avanti e passiamo agli OGGETTI PROIBITI. Clicco sul link per avere maggiori informazioni (non mi ricordo mai se il dentifricio va coi liquidi nel dannato sacchettino trasparente) e scopro quanto segue:

Contrariamente a qualsiasi logica, pare non sia permesso trasportare, tra le altre cose: balestre, catapulte, arpioni subacquei, pistole da macellazione, pungoli per il bestiame, asce e accette, arpioni e frecce, punteruoli da ghiaccio, machete, sciabole, spade e spadini, nonché, udite udite, stelle da ninja, ripeto, stelle da ninja.

Ma non è finita qui, viviamo a tutti gli effetti in uno stato di polizia e anche le libertà fondamentali sono ormai compromesse, tanto che è proibito imbarcare i più innocui ammennicoli, come ad esempio: mazze ferrate, tirapugni, bastoni, randelli, cinghie, num-chuck, kubaton, kubasaunt (questi ultimi tre sono dovuta andata su wikipedia per vedere cos’erano, e poi scusate, se fanno i fighetti con num-chuck, kubaton e kubasaunt, perché le stelle da ninja le chiamano stelle da ninja e non shuriken?)

E non fatemi parlare dell’assurda messa al bando di innocenti passatempi quali: detonatori, mine, granate di qualsiasi tipo, e bevande alcoliche con una percentuale di alcol superiore al 70%. Non conoscendo bevande del genere ho digitato su google “alcol oltre il 70%” e le uniche voci che ho trovato facevano riferimento a una sostanza che si usa per pulire le palle da bowling.

Concludiamo in bellezza con: gas lacrimogeno, dinamite, mine, esplosivo al plastico e materiale radioattivo.

Mentre leggevo tutto ciò non ho potuto evitare di ripensare a quella volta che al controllo di sicurezza un agente fermò la mia mamma che arrivava con la messa in piega fresca di parrucchiere e la borsetta di Luis Vuitton e le confiscò la limetta per le unghie perché pericolosa.

 

Per godere del testo nella sua interezza:

Ryanair - Articoli proibiti

 

P.S. Sono appena tornata sulla pagina relativa al bagaglio a mano e, purtroppo, hanno corretto la frase del neonato di massimo 10 kg, peccato...


sabato 18 febbraio 2012

Febbraio tra i ghiacci: in Romagna la neve la spaliamo in ciabatte


Nuova cronaca dall’avamposto innevato di Cesena: grazie al cielo dopo un ultimo fine settimana di bufera pesante, la situazione sta tornando alla normalità (almeno qua da basso, quelli che abitano in montagna sono ancora parecchio in difficoltà).
Al momento abbiamo tutte le strade principali libere ma, essendoci montagne di neve ovunque, non si trova un parcheggio neanche a pagare, per cui ognuno si arrangia come può, c’è gente che dopo aver spalato per una vita per liberare la propria macchina si rifiuta di usarla per paura di non trovare parcheggio al ritorno (sospetto che il vicino scic di cui vi parlavo nel post precedente Vita tra i ghiacci - prima parte la pensasse così). Per occupare il proprio parcheggio si usa di tutto, dalle cassette di plastica fino alle sedie, mi aspetto che prima o poi qualcuno ci metta a sedere il nonno ottantenne con una copertina sulle ginocchia e un termos di vin brulé.

Durante la settimana di clausura nevosa, ho visitato regolarmente la pagina facebook del comune per farmi un’idea di come andavano le cose fuori e mi son trovata a leggere i commenti di certi soggetti i quali, nel pieno dell’emergenza (i mezzi dell’esercito appena arrivati a San Carlo e costretti a tornare indietro perché la strada era impraticabile, parecchie famiglie completamente isolate e senza luce o acqua), si lamentavano perché il Comune non aveva ancora pulito i marciapiedi. Mi chiedo se su facebook sia possibile aggiungere all’opzione “mi piace” anche quella “ti prenderei a badilate”.
Qualche giorno fa, dato il redivivo bel tempo e le strade principali libere (e soprattutto visto che avevamo a pranzo Marco Bovi e Mohuro Mauro Gazzoni e il frigo era vuoto), ho preso la macchina e sono andata a fare la spesa. La guida in queste condizioni mette alla prova anche gli animi più miti, se da una parte cerchi di andare piano e non investire i pedoni costretti a camminare sulla carreggiata, dall’altra ti trovi di fronte a un’umanità che pare aver subito una radicale lobotomia. Mi spiego: esco dal supermercato e c'è la fila. Perché? Perché più avanti ci sono due gigini che camminano per strada appaiati, paralizzando la circolazione con la massima nonchalance. Mi unisco ai colleghi automobilisti mandando anch'io un paio di maledizioni a Cip e Ciop e non vi dico la sorpresa quando, superandoli, noto che indossano divise molto simili (per non dire identiche) a quelle degli autisti dei nostri bus, che in fatto di ostruzioni al traffico dovrebbero saperla lunga.
Rimanendo in tema di lobotomia, analizziamo brevemente il caso della signora con la borsa della spesa che pareva voler attraversare la strada. Ecco come sono andate le cose: io sto arrivando dall’altro lato della strada e vedendola lì ferma con le borse della spesa, mi fermo per farla passare, lei mi lancia uno sguardo assolutamente privo di espressione e se ne resta lì stocafissata per un paio di secondi, come se fosse la cosa più bella del mondo star lì al freddo con dei pesi da portare. Io continuo a fissarla alla disperata ricerca di un segnale: vuoi andare? Passo io? Dall'altra parte tutto tace, encefalogramma piatto. Poi, improvvisamente si anima, però inizia a camminare parallelamente alla strada senza dare segnali di attraversamento imminente, al che io concludo che mi son sbagliata, riparto e me ne vado, ed è solo a quel punto che la signora (che sto ancora osservando dallo specchietto retrovisore) parte e attraversa la strada. Se avete interpretazioni plausibili dell’evento (alternative alla lobotomia) sono tutt’orecchi.

dalla foto non si direbbe ma c'era un gran sole, giuro!
Ma torniamo alla cronaca nevosa. La mattina dopo c’era un gran bel sole quindi ho proposto a Rico una passeggiata tra i campi innevati intorno a casa nostra. Il panorama era veramente stupendo e le strade, ormai quasi del tutto sgombre, non davano grossi problemi, quindi non abbiamo fatto caso all’orologio e siamo stati in giro fino a che ne avevamo voglia. L’unico neo dell’escursione è da imputarsi a un esemplare della sottospecie automobilisti stronzi che siccome la strada è libera vanno a palla senza curarsi di eventuali pozzanghere; eravamo quasi a casa quando un simpaticone con il furgone è passato rombando e ci ha lavato dal ginocchio in giù. Mi scuso con la moglie per l’inevitabile calvizie che colpirà il pirata a breve. E’ il minimo sindacale.
Arrivati in vista di casa ho notato in fondo alla via l’ormai famosa macchina del vicino scic, ferma in mezzo alla strada con il portabagagli aperto; niente di strano se non fosse che non c’era traccia alcuna del guidatore e che non è comparsa anima viva neppure nei minuti successivi. Non ho perso tempo a cercare di capire il perché della cosa (l’esperienza insegna), mi sono semplicemente immaginata che trovandosi a dover spalar la neve davanti al garage e non sapendo dove metterla il nostro uomo abbia deciso di metterla nel bagagliaio per portarla via, salvo poi sentire i morsi della fame e abbandonare tutto per mettersi a tavola. Non ho prove che ciò sia successo ma francamente, visti i precedenti (vedi sempre Vita tra i ghiacci - prima parte), non mi pare un’ipotesi tanto strampalata.


Facendo una sommaria analisi della situazione direi che, tutto sommato, a noi le cose potevano andare molto peggio, sono quelli che abitano nelle frazioni più in alto che si son trovati davvero nei guai; c’era chi doveva uscire a spalare la neve ogni trenta minuti altrimenti non riusciva più ad aprire la porta, sono crollati tetti di stalle e rimesse, per non parlare di chi era isolato e aveva necessità mediche. Non riesco neanche a immaginare come si possano essere sentite tutte queste persone quando hanno visto alla tv o sul web i mille servizi sul’emergenza neve di Roma e le foto di Alemanno, con tanto di elmetto, che tentava di spalare la neve, tentativo infruttuoso causa principalmente il fatto che non c’era neve a sufficienza per poterla prender su con la pala, per cui gli è toccato far mucchio con pigne, aghi e affini.
Di fronte a questa presa per i fondelli di proporzioni colossali, la Romagna è insorta e nel giro di qualche ora la Rete è stata invasa da video, foto e commenti a non finire. Qui sotto ne trovate alcuni esempi, a dimostrazione del fatto che dalle nostre parti, anche se in difficoltà, non ci si perde d'animo né ci si lascia prendere per il culo senza reagire, questo sì, con un tocco romagnolo doc.


Primo video: il cittadino romagnolo giustamente indignato



Da qui in avanti la creatività la fa da padrona:






Ecco come il romagnolo verace spala la neve:





Un'ultima chicca per gli appassionati di videogiochi:








lunedì 13 febbraio 2012

Febbraio tra i ghiacci: jeans strappati, canna dell'acqua e candele a intermittenza

Di questi tempi pare doveroso fare un post sulla neve; dopo aver letto chilometri di carta stampata sull’argomento, ecco quindi qualche impressione più locale, direttamente dal nostro avamposto qui sul campo.
Sul campo sarebbe a dire in Romagna e, più precisamente, a Cesena (Zezena per i forestieri). Qua da circa dieci giorni viene giù neve a rotta di collo, fa qualche pausa giusto per darti il barlume di una speranza, poi ti alzi il giorno dopo e ne ha fatta un’altra valanga.
Data la situazione, ci siamo quindi murati in casa in attesa di tempi migliori e devo dire che l’esperienza mi ha aperto nuovi orizzonti. Aggiungo che la cosa è stata possibile solo perché l’unico lavoro che avevo in questo periodo, il 6 febbraio, era in quel di Bologna ed è stato ovviamente annullato. Anche i concerti di Rico hanno seguito la stessa sorte e questo allineamento di pianeti ci ha permesso di vivere l’emergenza in modo più tranquillo rispetto al resto del mondo che deve andare in ufficio, portare i figli a scuola, ecc ecc.
Come prima cosa abbiamo esaminato le risorse a disposizione e dopo un’attenta valutazione di dispensa, frigorifero e congelatore, ci siamo resi conto che con quello che c’era in casa saremmo potuti andare avanti per almeno un paio di settimane senza grossi problemi, quindi nessuna corsa al supermercato a svuotare scaffali, come invece pare abbiano fatto in tanti, almeno stando alle notizie che ci sono giunte dall’Ale che lavora in un supermercato a Bellaria-Igea Marina.

Già dalla prima sera c’è stato l’occasionale blackout, che durava giusto il tempo di:
a)      dire due brutture,
b)      tirar fuori tutte le candele della casa (tra cui una candela celebrativa dell’anno 2000 che la Rini voleva buttare via durante il trasloco, vedi Il mio regno per il figlio di un vetraio),
c)      accenderle,
a questo punto la luce puntualmente ritornava, facendoti sentire deficiente con tutte ste candele accese in giro per casa; procedevi quindi al loro spegnimento, salvo poi trovarti nuovamente al buio dopo qualche minuto. Ci sono circostanze in cui quello di Shining non è poi così difficile da capire.

Non abbiamo avuto molti contatti con il mondo esterno, con l’eccezione dei vicini, di amici e parenti contattati via telefono, skype o facebook e, ovviamente, dell’omino dello spazzaneve che i primi giorni rappresentava il nostro momento d’intrattenimento per eccellenza; quando sentivamo il rumore del mezzo, si correva alla finestra per vederlo passare, neanche fosse arrivato il circo. Non è stato però tutto rose e fiori, con lo spazzaneve abbiamo in effetti avuto qualche momento di incomprensione: è passato regolarmente i primi giorni, salvo poi assentarsi per mezza giornata e, al suo ritorno in zona, ignorare la nostra viuzza (che poveretta è una via senza uscita ma non glielo puoi far pesare così), diretto verso altre emergenze. Visto però che c’era chi stava molto peggio, non ne abbiamo fatto una tragedia, ci siamo muniti di pala e ci abbiamo dato dentro con la spalatura della zona davanti a casa. Abbiamo fatto nel complesso un buon lavoro (incluso il finale con spargimento di sale), anche se niente di paragonabile alla performance di uno dei nostri vicini che ha tirato su anche l’ultimo fiocco e si vocifera abbia attaccato il phon per asciugare bene.
Non dovendo andare a lavorare, abbiamo lasciato le macchine dov’erano: la mia al riparo sotto il balcone di casa, quella di Rico invece sulla strada dove si è trovata totalmente in balia degli elementi e, infatti, dopo due giorni non si vedeva già più.
Accanto alla povera Clio c’era la macchina del nostro vicino, il quale ha adottato una strategia a dir poco singolare per liberare la vettura dalle nevose grinfie: ha fatto un primo tentativo raggiungendo la macchina con la gomma e inondandola d’acqua (trattamento consigliatissimo quando la temperatura è intorno allo zero), poi, resosi conto che per misteriose ragioni questo sistema non dava i frutti attesi, è passato all’azione spalando via la neve sul retro della macchina e ammonticchiandola allegramente davanti a quella di Rico (grazie, a buon rendere). La cosa però andava a rilento e quindi,dopo aver liberato solo parte della macchina, ha abbandonato il campo al calar della notte, tornando però il giorno dopo armato di annaffiatoio pieno di acqua bollente con cui ha nuovamente irrorato la macchina che a questo punto era circondata da una mattonella di ghiaccio di spessore ragguardevole. L’uomo ha continuato l’opera e, mentre lo si osservava dalla finestra, non abbiamo potuto far a meno di notare la mise scelta per la spalatura, una cosa veramente scicchissima: scarponcini tipo Timberland e giubbotto imbottito (entrambi molto trendy quest’anno), degnamente accompagnati da un paio di jeans con evidenti strappi. Ed è qui che si vede il vero figo di legno, quello che si veste giusto nonostante l’era glaciale, quello cui la temperatura (e l’inevitabile diarrea) gli fa una pippa.
Con un ultimo sforzo il nostro eroe ha liberato la macchina e, dopo aver messo le catene, ha fatto manovra tra mille difficoltà per riposizionarla con il muso in avanti e pronta a partire verso mirabolanti avventure. Da quel momento in poi (e per diversi giorni), la macchina non si è più mossa. Il resto son solo domande.
Con questo concludo la prima parte del diario-neve, dovendo andare a staccare le stalattiti di ghiaccio pendenti dalla grondaia, che hanno ormai raggiunto il metro e potrebbero far fuori il cane dei vicini (che è simpatico, sarebbe un peccato), se non addirittura i vicini (anche loro simpatici, anche per loro un peccato).


P.S. Aggiornamento macchina del vicino: oggi il vicino trendy ha acceso la macchina (tuttora pulitissima) e ha tentato di infilarsi su per la salitina che porta al suo garage ma, essendo che lì non aveva spalato via la neve, impegnato com'era a far la manicure alla macchina, le ruote slittavano che era una bellezza. Certe cose non hanno prezzo.

mercoledì 8 febbraio 2012

La lotta contro lo sputazzo dà i suoi primi frutti

Son davanti alla tv che guardo Biutiful e arriva la pubblicità proprio mentre piangono la scomparsa di quei due deficienti (leggi la Bruc e Tommaso) che in realtà sono sull'isola deserta che mangiano bacche allucinogene e fanno rave parti in desabillè (gli indumenti stracciati ad arte per coprire le pudenda già da soli valgono oro).
Il primo spot che compare ha uno sfondo rosso su cui appare una scritta bianca che dice "se vedi sangue nel lavandino usa Parodontax".

Non sto a dirvi la soddisfazione di vedere che han finalmente cambiato quell'orrida pubblicità dello sputazzo insanguinato nel lavandino (vedi post precedente se mentre guardi la tv vedi uno sputazzo....) Sarà forse che io sono un po' schizzinosa, ma vederla durante il pranzo non era proprio una gran gioia.

E poi il pensiero che, forse, un sassolino della frana che ha travolto quella pubblicità inguardabile l'ho messo io, è francamente elettrizzante.
Comunque, se avete le gengive che sanguinano, invece di guardare la tv datevi una mossa e andate dal medico.

domenica 5 febbraio 2012

Bombette, pesci rossi e colour palette: uno sguardo diverso su Musicultura

In realtà per l’articolo di oggi avevo progettato qualcosa di molto diverso; sarebbe stata la cronaca del primo appuntamento con Across the Movies, la rassegna di film musicali che ogni anno ci scalda l’inverno, quaggiù in quel di Cesena. Sfortunatamente però in questi giorni è arrivato in visita l’Armageddon e siamo stati sepolti sotto tonnellate di neve, quindi mi son trovata un aggiornamento su facebook che annullava la serata, spazzando via in un colpo solo i miei progetti e le mie speranze, neanche fosse neve che ostruisce il vialetto.
Cosa fare? Aspettare il film della prossima settimana? Mi scocciava non poco ma non vedevo alternative. A togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato involontariamente Farnedi che, vista l’impossibilità di metter piede fuori di casa, mi ha proposto di seguire in streaming le selezioni del concorso di Musicultura 2012. In condizioni normali, dopo cinque minuti di siffatto spettacolo io in genere me la batto, metaforicamente parlando, aprendo un libro o accendendo il pc, in questo caso invece ho deciso di immolarmi per la causa.
Ci siamo organizzati in modo da concludere la cena prima delle 21 (non è bello che, mentre c’è l’artista che canta, tu pubblico stia sbranando costine di maiale) e quando mancavano ancora cinque minuti all’ora X, eravamo già in salotto in assetto di guerra. Farnedì ha acceso il pc e mi ha detto che tutto sembrava funzionare bene, al che mi son seduta sul divano pronta all’estremo sacrificio ma ecco che l’uomo mi scatta in piedi e corre di sotto a prendere non so cosa perché vuole collegare il computer allo stereo. Ho fatto presente che il pc ha le sue casse ma avrei dovuto saperlo: l’artista non sopporta che l’audio sia meno che perfetto e, se a noi del popolo sembra che si senta bene, si può sta sicuri che da qualche parte c’è un musico rannicchiato che si contorce dal dolore all’udire simili accozzaglie di ragli. Fortunatamente, dopo aver armeggiato per un po’, si è dichiarato soddisfatto, salvo poi alzarsi ogni tre per due e trafficare intorno al computer, per sistemare dio-solo-sa-cosa.
A dare l’avvio ufficiale alla serata ci ha pensato la giuria, peccato che la telecamera fosse alle loro spalle, quindi noi sentivamo questa voce misteriosa e vedevamo solo una fila di nuche, una addirittura con colbacco. Primo dubbio: sarà mica saltato il riscaldamento?
Il primo artista in gara era Luigi Mariano che ha fatto il suo ingresso andando a sedersi al pianoforte. Non so voi ma a me quando uno si siede al pianoforte mi vien sempre da pensare che stia per fare qualcosa di epico; in questo caso l’effetto era ulteriormente rafforzato dal pianoforte che era a) a coda e b) nero. L’epicità si è un po’ indebolita alla vista di una custodia di basso e un’altra di contrabbasso, dimenticate sul palco e ben visibili sulla destra. Son cose che ti distraggono e incrinano un po’ l’atmosfera. Per non parlare dei fotografi che saltano fuori come funghi. Capisco che le telecamere sono fisse però, se mentre sei lì che ascolti la canzone struggente ti salta fuori il fotografo acquattato dietro la schiena del cantante, con un obiettivo lungo come un braccio, oppure lo vedi che tenta di nascondersi dietro la gamba del pianoforte, ti vien da ridere e tutto quello struggersi va a farsi benedire. Un esempio su tutti: mentre inquadravano l’artista al pianoforte ho visto una roba tonda e gialla sopra il piano, inizialmente pensavo fosse una di quelle percussioni strane fatte con le zucche, magari abbandonata da uno dei batteristi, poi si è mossa rivelandosi essere la testa glabra del fotografo. Son momenti difficili.
La seconda canzone di Mariano verteva sul singhiozzo e lui in effetti “singhiozzava” a intervalli regolari, cosa che inspiegabilmente mi ha fatto venire una gran ansia, come se mi mancasse il respiro. Dovrò far revisionare la valvola dell’empatia.
Alla fine dei tre pezzi l’artista ha risposto alle domande della giuria ma era difficile prestargli la giusta attenzione, visto quello che stava succedendo alle sue spalle: alcuni eroici tecnici correvano come matti per sbaraccare il palco e preparare la scena per il gruppo successivo, montaggi e smontaggi a velocità da pit stop.
La seconda a salire sul palco è stata Caterina Tancredi o, come ha precisato nella sua presentazione, Catecatù, (eccellente l’impatto cromatico della sua colour palette coloratissima, sono anni che vedo gente che pare vestita di nebbia). Non so se ho sentito male ma mi è parso di capire che il batterista avrebbe suonato il tombolo e, anche guardandolo, pareva proprio aver in mano un tombolo. Duole non aver potuto approfondire l’indagine per capire da dove saltava fuori sto tombolo, se l’usava qualcuno in famiglia (non come percussione, come tombolo) o l’avevano scoperto per caso (come percussione, non come tombolo).
Al momento delle domande, uno dei membri della giuria ha osservato che lei swinga un po’ pochino; la sottoscritta, seppur brancolante nella più completa oscurità, si è guardata bene dal chiedere spiegazioni a Farnedi, onde evitare una lectio magistralis sull’importanza dello swingare nelle varie epoche. A volte, la migliore musica è il silenzio.
Il terzo gruppo, Rashomon, ostentava un look vagamente “sette spose per sette fratelli” ma sbiadito, come dopo un lavaggio sbagliato. La loro è stata un performance molto energica, ha coinvolto anche un pianoforte giocattolo, anch’esso nero come la sua mamma che aveva suonato poco prima con Luigi Mariano. A un certo punto il batterista è rimasto in canottiera e mi auguro per lui che i miei dubbi sulla temperatura all’interno del teatro fossero infondati, altrimenti lo aspettava uno di quei mal di pancia fulminanti che non fanno prigionieri. Ripensandoci, però, mi sembra di ricordare che al momento delle domande avesse una certa fretta di scendere dal palco, quindi chissà.
All’inizio del terzo pezzo, il cantante è uscito di scena per poi tornare con bombetta e pelliccia bianca maculata, un po’ protettore-style; la bestia morta però è finita ben presto sul pavimento perché non è che si possa fare quel genere di musica incazzereccia impellicciati come la casalinga di Voghera, la coerenza innanzitutto.
Arrivati al question time con la giuria, gli altri se ne sono andati e il batterista ha spiegato che avrebbe risposto lui alle domande perché il cantante non parla mai in pubblico. Secondo me, il gran rifiuto del cantante non è stato particolarmente apprezzato dai giurati, soprattutto perché i testi li aveva scritti lui e quindi la cosa tagliava le gambe a qualsiasi domanda al riguardo. A sostegno della mia ipotesi cito due espressioni usate dai membri della giuria: il cantante non parlante e la controfigura. Vetriolo a volontà.
Quarto artista è stato Vincenzo Scruci – una performance forse più teatrale che musicale (quando è entrato mi sembrava vestito da mimo); l’avversa fortuna gli ha messo i bastoni tra le ruote quando, alla fine del pezzo, dopo aver gettato in aria una manciata di coriandoli, ha tentato di lanciare delle stelle filanti con un soffio ma queste han puntato i piedi e son rimaste lì dov’erano.
Ultimo gruppo in gara: Family Portrait. Erano tanti, compresi due violini e una viola, il palco è sembrato all’improvviso piccolissimo. Anche loro hanno usato un piano giocattolo, però candido. Sempre nell’ottica di una rigorosa analisi ritmico-armonica, è doveroso menzionare il cappellino verde acqua della cantante, nonché l’aimè trascurato look della sezione archi che, pur nella sua coerenza cromatica, mancava a mio avviso di una visione d’insieme.
Giunto il momento delle domande, il gruppo è rimasto compatto sul palco e la cosa non mi è dispiaciuta, non è bello mandare uno da solo nella fossa dei leoni, con tutti quei professoroni seduti dietro i banchi, in più chi è sul palco ha le luci in faccia e non vede da dove arrivano gli attacchi, sembra un interrogatorio in piena regola. In una delle prime domande parlavano di suonare a click e stavolta non ho avuto via di scampo, mi è toccato chiedere al madrelingua; è partita una disquisizione di quelle coi fiocchi, interrotta solo grazie all’annuncio dell’imminente assegnazione del premio Sisme (sia lode ora e sempre).

il batterista e il suo acquario
A questo punto, prima di concludere mi permetto un’esternazione: quello che ha avuto l’idea di circondare la batteria con delle lastre di plexiglass lo dovevano infilare in un sacco e spedirlo alle Galapagos per posta ordinaria; so che c’è un motivo preciso (figuriamoci se Farnedi non me l’ha illustrato non appena ho sollevato l’obiezione), ma vedere questi poveri batteristi che paiono pesci rossi nell’acquario…

E così, tra un coriandolo e una pelliccia, siamo arrivati al termine della serata, manca solo l’assegnazione del premio Sisme per la miglior performance. Sarebbe l’occasione buona per fare una bella scommessa (magari un pacchetto di patatine light dell’Eurospin) ma , dato che io e Farnedi punteremmo entrambi su Rashomon, non avrebbe molto senso…
Non potete immaginare la soddisfazione provata, né l’orgoglio per la nostra lungimiranza, quando hanno dichiarato che il vincitore del premio Sisme era Vincenzo Scruci
Si vede che siam degli intenditori.

P.S. Ho trovato le foto degli artisti sulla pagina facebook di Musicultura, non ho però trovato il nome del fotografo che le ha scattate, se qualcuno lo sa può scrivermelo in un commento qui sotto, grazie :)

P.P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica l'Angolo dell'Estrema Riluttanza su stonehand.it: http://www.stonehand.it/wordpress/?cat=271


mercoledì 1 febbraio 2012

Torrone duro, rimmel che cola e amaro Romanetti: venerdì mattina a Vacaputanga


Non so come ma mi trovo seduta a un tavolo con un microfono appiccicato alla maglia in attesa dell’inizio di Vacaputanga, programma comicoeperchénodemenziale in onda su Punto Radio di Bologna il lunedì e il venerdì dalle 11.30 alle 13.
Tutto è iniziato con una telefonata: il Mago Toni Cioli Puviani ha invitato Rico a partecipare alla trasmissione di venerdì 26 che avrebbe condotto insieme a Bob Messini, in sostituzione del conduttore abituale Marco Dondarini e, prima di riattaccare, ha aggiunto “se vuol venire anche l’Estrema…”
E quindi eccomi seduta a un tavolino laterale che mi guardo intorno un po’ spaesata ma curiosa, mentre quelli che sanno cosa stanno facendo ultimano i preparativi. Nella mia testa avevo pensato di osservare la trasmissione e magari dopo scriverci sopra un pezzo, poi però gli eventi mi hanno portato in tutt’altra direzione.

Mentre si andava là in macchina, tra una chiacchiera e l’altra, Rico mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto cantare insieme a lui Salsa di lumache. Prima reazione: non no, magari un’altra volta. Poi però, una volta in loco, ho saputo che non c’erano webcam e mi sono detta perché no?, salvo poi trovarmi seduta davanti a non-una-ma-tre-telecamere; mi hanno assicurato che erano spente però è stato comunque un po’ come stare davanti al plotone d’esecuzione.
Passiamo adesso all’evento in sé. L’inizio della trasmissione è stato musicale; Farnedi suonava l’ukulele e noialtri tre cantavamo le lumache a squarciagola, poi siamo entrati nel vivo e di lì in avanti c’è stato veramente di tutto; ovviamente il pubblico, che poteva chiamare in studio oppure mandare sms, non si è fatto pregare, in particolare gli ascoltatori veterani hanno prodotto una vagonata di sms al vetriolo e anche qualche allegra telefonata come quella del buon Venanzio che, sentito che Farnedi per arrivare aveva viaggiato in autostrada e tangenziale, si è rammaricato per la cessazione dei blocchi stradali da parte dei camionisti. Dopo le prime domande di rito, hanno chiesto al musico di cantare un pezzo e, mentre questi ancora suonava, sono fioccati allegri messaggi del tipo: l’ospite poteva ben rimanere a Cesena! o hai ragione Bob, una canzone intimista. Intimagli di fermarsi!
Successivamente Farnedi si è lasciato scappare che il giorno dopo sarebbe andato a Macerata per partecipare alle audizioni di Musicultura 2012, concorso per la canzone d’autore, al che Bob Messini ha preso il telefono e contattato l’amministrazione dello sferisterio di Macerata, l’ufficio cultura e chiunque altro riuscisse a trovare, fingendosi interessato alla serata e lasciando cadere il nome di Farnedi quelle dieci-venti volte, alla faccia della pubblicità occulta. Ovviamente non poteva mancare la telefonata d’incoraggiamento: Cioè, domani sera a Macerata della gente andrebbe anche a sentirlo?
Nel frattempo era stato lanciato il dilemma economico del Mago: a dieci anni dall’ingresso nell’euro, restiamo nell’euro o torniamo alla lira? Dilemma che ha colto decisamente impreparati alcuni poveri cittadini contattati telefonicamente, che avranno pensato che la Guardia di Finanza ormai le pensa tutte pur di estorcerti dichiarazioni e si sono quindi dimostrati piuttosto reticenti a prendere posizione. Immancabile l’sms: che siano euro o lire, basta che siano molti.

C’è stato anche un momento serio, dedicato all’arte, alla forma poetica che strappa un sorriso in questi tempi difficili e bui; a riuscire nell’impresa è stato tale Vittorio con l’ormai celeberrima fresca battuta sul torrone, che riporto fedelmente a seguire:

Conversazione tra uomo e donna.
Uomo: mangiamo il torrone?
Donna: ma è duro!
Uomo: sì, ma prima mangiamo il torrone.

Vittorio è stato molto onesto, ammettendo l’altrui paternità dell’opera e producendosi in altri momenti di alto livello, il pubblico però ha continuato a chiedere a gran voce la prima performance, costringendo Bob Messini a telefonare più volte all’artista chiedendo encore! Si è riso parecchio, se fossi stata truccata mi sarebbe colato il rimmel.

Mentre nell’angolo meteo l’esperto terrorizzava le folle annunciando l’arrivo imminente del burian, vento russo che ti gela le ossa, io ricevevo un SOS via sms dalla Clodia che voleva intervenire in trasmissione ma non aveva il numero. Ho prontamente provveduto e dopo qualche minuto è arrivato in trasmissione un messaggio in cui si affermava che Farnedi limonava duro al Pit-a-Pat, locale storico del cesenate negli anni Ottanta.

Tra una facezia e l'altra c'è stato anche spazio per i giovani; Bob Messini ha contattato telefonicamente tale Jean, che ha dipinto come un bel ragazzo ventiduenne, sottoponendogli il dilemma del mago e interrogandolo sul suo weekend e sulle orge del venerdì, spiegandoci che è costume per questi baldi giovani fare un po’ di baldoria il fine settimana. A dir la verità, sentendo quella voce fievole, l’unica cosa che ti veniva in mente di fargli a quel figliolo era un uovo sbattuto con lo zucchero.

Abbiamo anche ricevuto una visita a sorpresa in studio: mentre Bob Messini chiamava di nuovo mezza Macerata alla ricerca di biglietti per un’improbabile serata il 28 gennaio allo sferisterio (nota arena all’aperto), la porta si è aperta e dietro c’era Jack Romanetti con in mano un cappellino di Punto Radio e una bottiglia dell’ormai famosissimo Amaro Romanetti. Purtroppo, causa sciopero dei mezzi pubblici, Romanetti è dovuto scappar via a recuperare figli, a noi però sono rimasti cappellino e bottiglia (micapoco).

Farnedi ha cantato un'altra canzone seguita dall’immancabile sms di apprezzamento: nel magazzino di Farnedi c’è carbonella sufficiente per gli spartiti rimasti?

E in tutto ciò io dov’ero? Seduta nel mio cantuccio con il terrore di prendere per sbaglio in una delle venti levette che c’erano davanti a me, seguivo sullo schermo gli sms degli ascoltatori e venivo ogni tanto interpellata dai conduttori che chiedevano la mia opinione su barzellette, orge e altri fenomeni di costume; riascoltando il podcast mi è sembrato di sentire un velato accento bolognese in alcune mie risposte e la cosa mi ha un po’ spiazzato. L’infingardo Bob Messini a un certo punto ci ha ingannato dicendoci che eravamo fuori onda; io mi sono lasciata andare per un attimo e ho pronunciato ben due frasi, salvo poi ritrovarmele sul podcast. Fortuna che il commento sulle orge e l’uovo sbattuto me l’ero tenuto per me…

Dopo l’ultimo glorioso contributo dell’esimio Vittorio e del suo torrone, mi è venuto in mente che Farnedi sapeva una di quelle barzellette di una volta che gli raccontava sua nonna, la famosa storia del cane Pez; l’ho subito comunicato ai conduttori mentre l’Enrico mi lanciava mentalmente una serie di maledizioni da far invidia a Lugaresi, il benzinaio di Cesenatico. Probabilmente mi cadranno i capelli a breve ma per l’arte questo e altro.

L’esperienza è stata insolita, esilarante, ansiogena, istruttiva e mi ha dato molto, non ultimo una bottiglia di ottimo Amaro Romanetti, da sorseggiare oggi guardando la neve che cade.

Vacaputanga: lunedì e venerdì ore 11.30-13 su Punto Radio Bologna.





P.S. La trasmissione è stata ulteriormente impreziosita da un cameo di Riccardo Lolli (qui sotto in una sua performance) che ha chiamato per fare un saluto, strappando una standing ovation a tutto lo studio.