lunedì 25 marzo 2013

Per il rischio gatto, vedi il punto 1

Ci sono situazioni in cui uno parte con le migliori intenzioni ma poi si lascia prendere la mano dall'entusiasmo e finisce a fare cose che, analizzandole poi a mente fredda, ti viene da guardarti allo specchio alla ricerca delle cicatrici della lobotomia.

Lo scorso ottobre ho letto sul Web un appello, del WWF o simile, sulla necessità di fornire cibo agli uccelli per permettere loro di sopravvivere ai rigori dell'inverno. In realtà io sta cosa la facevo già da tempo, spargendo le briciole raccolte in casa (pane, torte, paste, cocco disidratato, semi) sul balcone sotto forma di pastone con acqua, nella segreta speranza che i passerotti prima o poi ricambiassero offrendosi di confezionarmi un vestito (mi dicono sia tradizione).
Nell'appello però si sottolineava la necessità di integrare il tutto con del grasso vegetale da bruciare per riscaldare il corpo e questo purtroppo complicava le cose. Sì perché tutto quel viavai di pennuti aveva già causato un certo scompiglio sul nostro balcone (leggi cacche ovunque) e io, visto che quest'anno la pioggia non mancava, avevo lasciato alla natura il compito di lavare il balcone senza preoccuparmene troppo, pur sapendo che la mia vicina di casa (notoriamente assai amante della pulizia), non avrebbe visto la cosa di buon occhio, anche perché il passerotto medio non viaggia provvisto di metro da sarto in tasca e può quindi capitare che faccia i suoi bisogni un po' più in là, proprio sul di lei balcone.
Considerato l'effetto potenzialmente devastante di un pastone unto di margarina che finisce sul balcone altrui, ho deciso di spostare la zona cibarie in giardino e, non volendo mettere semplicemente un piatto sul prato (temevo il gatto dei vicini), ho navigato per un po' sul web scoprendo un numero infinito di idee meravigliose per somministrare becchime, alcune molto semplici, altre francamente degne dei migliori piani dell'Artiglio Mascherato dei bei tempi che furono.
Ho scelto il mio progetto e, una volta realizzato, ho appeso il coso all'albero.  Nell'immagine che avevo visto si facevano fuoriuscire dai lati della tanica dei bastoncini di legno come posatoi e, volendo fare tutto come si deve, ho pensato di ovviare alla mancanza di un bastone sostituendolo con un simpatico cucchiaio da cucina di legno, vinto in qualche lotteria e mai usato, principalmente a causa del buco presente nel centro del cucchiaio. Perché si prendono la briga di produrre un cucchiaio e poi ci fanno un buco nel mezzo? Sono certa ci sia un motivo ma non riesco a immaginarmelo (ci ho pensato ma a parte fare le bolle di sapone non mi viene in mente altro).
Torniamo al grande evento: dopo aver appeso l'aborto plasticoso all'albero (da notare i colori naturali che gli permettono di mimetizzarsi perfettamente con l'ambiente circostante) l'ho riempito di pastone e, non contenta, ho appoggiato una mela sul ramo vicino, avendo letto che gli animali in questione necessitano anche frutta fresca (ci mancava solo che gli servisse l'Activia per la naturale regolarità).
Ed eccoci arrivati al momento della verità: per i successivi quattro giorni gli uccelli hanno continuato a far visita al balcone ignorando completamente sia la mela sia l'accrocco appeso al'albero; a quel punto ho pensato che forse non si erano accorti del cibo (non sarà un caso che non esiste l'espressione furbo come un passerotto) e quindi ho sparso briciole sui rami dell'albero intorno all'area X per attirarli verso la meta, col risultato che i pennuti son calati come le cavallette e hanno fatto piazza pulita di tutto lo sparso ben di dio, continuando a ignorare allegramente la mia istallazione artistica con materiali di riciclo. E' stato a quel punto che ho avuto un'esperienza mistica: sono uscita dal mio corpo e mi sono vista mentre spargevo pastone e sistemavo la mela sul ramo: non è stato un bel vedere.
Da quel momento in poi le cose hanno seguito un altro corso:
1) Ho messo un sottovaso di plastica ai piedi dell'albero e l'ho riempito di pastone, fregandomene altamente del rischio gatto: se vuoi la pancia piena te la devi guadagnare, se poi il gatto ti mangia, cosa vuoi, son cose che capitano.
2) Ho preso la mela che era sul ramo, ancora intonsa, e l'ho appoggiata per terra a lato del sottovaso (per i rischi gatto, vedi punto 1).
E come sarà andata secondo voi? Sti stronzi di pennuti han mangiato tutto anche lì dabbasso e la mela in due giorni è stata letteralmente disintegrata, mentre l'aborto plasticoso avviluppato all'albero se ne stava mestamente a guardare.
Che altro dire, da oltre due mesi una ventina di pennuti vari tra cui riconosco, oltre al solito fottio di passerotti, un pettirosso (è quello piccolo ma incazzereccio) e un paio di merli, si fermano alla Trattoria da Estrema per un dejeuner sur l'herbe.
Peccato che la primavera sia ormai alle porte, la trattoria resterà aperta fino a fine marzo, dopodiché ci si rivede in autunno. Buona estate.


P.S. Per chi fosse interessato, avrei un'istallazione artistica in materiale riciclato da piazzare....

domenica 17 marzo 2013

Un po' di acqua calda non ha mai fatto male a nessuno

Quello che state per leggere è un post di servizio pubblico che chissà, in futuro potrebbe essermi utile per chiedere lo stato di onlus per il blog e magari ottenere dei finanziamenti pubblici da spendere in cene eleganti.
Ho recentemente scoperto che su alcuni canali del digitale terrestre è possibile vedere film e telefilm in lingua originale.
Prima che qualcuno si lanci in sarcastici commenti a base di acqua calda, vorrei sottolineare che io sono povera (o diversamente ricca) e quindi priva di abbonamento sky e dei relativi canali smaltatissimi e super opzionati che ti fanno vedere un programma un'ora dopo, un'ora prima e magari anche al contrario; ho quindi a mia disposizione solo l'umile digitale terrestre, il quale umile digitale terrestre ha però evidentemente fatto passi avanti giganteschi in direzione della diversità linguistica.
L'epocale scoperta è avvenuta in una fredda giornata di qualche settimana fa; ci stavamo procurando la quotidiana dose di buonumore seguendo le impagabili avventure dei cerebrolesi di Beautiful quando Rico, giocando con il telecomando, ha premuto il tasto audio, scaraventandoci senza preavviso in un mare di accenti americani. Una volta riavutoci dallo shock di sentire dialoghi abbastanza verosimili tra i Baldi e i Belli, abbiamo iniziato a provare su tutti i canali per vedere quali avessero la strepitosa opzione, scoprendo subito che sui canali Rai (quelli del servizio pubblico e del canone tv per cui tu abbonato hai un posto in prima fila) non se ne parla, invece sui tre canali Mediaset (Italia 1, Canale 5 e Rete 4), Cielo e Iris ti danno la possibilità di vedere i programmi stranieri (anche se non tutti) nella versione originale, per cui puoi goderti una telenovela in tedesco o un telefilm in spagnolo.
Di fronte a questa straordinaria novità il dubbio che mi attanaglia maggiormente è: perché diavolo non ce lo dicono?
Mi spiego: se tu fai tutto un lavoro per rendere disponibile l'audio originale dei programmi (e suppongo che la cosa richieda anche solo un minimo investimento di tempo e denaro) perché poi non lo comunichi al tuo pubblico? Se non altro per poterti vantare di offrire qualcosa in più rispetto agli altri, sarebbe un'ottima pubblicità. Francamente la logica dietro la scelta del silenzio mi sfugge.
Essendo però che non sono azionista Mediaset e non devo quindi preoccuparmi della condizione mentale di chi gestisce l'intero carrozzone, la cosa mi turba fino a un certo punto e posso godermi la scoperta di questo nuovo mondo senza nubi minacciose all'orizzonte.
L'unico trascurabile cumulo-nembo è che a volte, il desiderio di ascoltare una lingua straniera ti porta a fare cose quantomeno imbarazzanti: giorni fa mi sono ritrovata la sera tardi a guardare un telefilm veramente brutto su dei vampiri adolescenti (molto in voga al momento) semplicemente per il fatto che, complice l'audio pessimo e il fatto che per fare il vampiro gotico evidentemente devi parlare un po' nei pallotti (leggi: come se avessi sempre un pompelmo in bocca), non riuscivo a capire una mazza di quanto dicevano sti tizi e ovviamente la cosa scocciandomi parecchio, non volevo saperne di darmi per vinta.
Mi trovo anche costretta ad ammettere che, se m'imbattessi nuovamente nel citato telefilm, pur scritto con i piedi e con degli attori mono-espressione, lo riguarderei per il solo gusto di riuscire a capire bene le idiozie che si dicono.
Comunque questo è quanto, io il mio servizio pubblico l'ho fatto, adesso resto in attesa dei finanziamenti pubblici; voi controllate di avere il tasto audio sul decoder del digitale, dopodiché buon viaggio, bon voyage o come dir si voglia.

mercoledì 6 marzo 2013

E un giorno ti svegli e sei il Gatto con gli Stivali

Squilli di trombe, rulli di tamburi, volendo anche colpi di clacson!

Quello di oggi è un giorno che rimarrà scolpito negli annali della storia, sono certa che in un futuro non molto lontano gli storici lo citeranno come esempio degli eventi mirabolanti che preannunciarono la fine del mondo così come lo si conosceva.
Quando ho letto la mail con cui mi proponevano di cantare, la mia prima, equilibratissima reazione è stata:


oddionopropriononpossononsonomicacapacecheansiaesemichiedonodifarequalcosaenoncapiscocosafaccio? 

Dopo aver ispirato-espirato varie volte di seguito, una volta ri-ossigenato il cervello, ho esaminato ogni singola sfaccettatura dell'incredibile e alla fine ho deciso di buttarmi (tanto se stoni mica ti mettono in galera, spostano semplicemente tutto nel cestino e…plof! Problema risolto). A far pendere l’ago della bilancia è stata la risposta affermativa del prode Farnedi a cui avevo chiesto di accompagnarmi per farmi da interprete italiano-musica. Praticamente andavo con la balia.

Per riassumere, oggi pomeriggio è previsto che io registri dei cori per un disco, ovvero, mi hanno chiesto di fare la corista. E il bello è che non è per un disco di Farnedi, che si potrebbe pensare che accetti di farmi cantare unicamente onde evitare di morire soffocato da un cuscino mentre dorme, la richiesta mi è arrivata da altri, oltretutto sconosciuti. La cosa ha effettivamente dell'incredibile.


 ***
Il fatidico giorno è arrivato e per ora senza troppi traumi; sto trascorrendo la mattinata comodamente seduta su una sedia nella sala di regia mentre Farnedi di sotto registra la voce per una canzone. Son due ore che lavorano e il mio cervello ormai ha abdicato, rifiutando anche solo di guardare tutti quei grafici sul computer, quindi la mente vaga e si distrae come può. Prima sono andata in bagno e ci ho trovato un gatto bianco e grigio acciambellato su un panchetto, il quale mi ha squadrato con tutta la disapprovazione del padrone di casa di fronte a un ospite indesiderato.

Ammetto di essermi trovata un po' in difficoltà, io questa cosa dell'andare in bagno in compagnia proprio non la capisco, era così anche alle superiori, mi ricordo che c'erano tipe che andavano in bagno insieme, intendo proprio dentro al bagno, una sulla tazza e l'altra a chiacchierare del più e del meno, son quelle cose inspiegabili su cui mi arrovello da una vita: è davvero così urgente che non puoi aspettare e parlarne un minuto dopo quando lei esce dal bagno? Poi a me il pensiero di avere qualcuno che mi fissa mentre sono in bagno, zac, si blocca tutto per sempre. Quindi nella mia posizione si trattava di capire se il meccanismo sarebbe scattato anche con lo sguardo felino. E' inutile negarlo, sono stati momenti difficili, mi domandavo: cosa faccio se il gatto m'inibisce? Lo costringo a uscire dal bagno? E se non vuole? Il gigino ha una certa stazza, se gli gira mi massacra! E poi che figura ci faccio se mi metto a fare a botte col gatto a casa di persone appena conosciute?

Col senno di poi, tutti questi interrogativi erano superflui, alla fine ho tentato e tutto è filato liscio, a parte la leggera inquietudine data dal felino sconosciuto che ti fissa restando assolutamente immobile, con quegli occhi da gatto che sembra ti facciano una radiografia.
Dopo pranzo sono andata nella stanza dove si registrava (ovviamente con la farnediana balia al seguito) e devo dire che è stato molto meno drammatico di quanto temessi; prima di tutto in sala regia i due musici ascoltavano la canzone in questione e decidevano quali cori fare, dopodiché Farnedi me li faceva sentire e io, come Portobello, li ripetevo. Essendo poi che, quando andavamo nella sala di registrazione, Matteo dalla regia poteva sentirci ma non vederci, io e Farnedi ci lanciavamo minacce, maledizioni e quant'altro ma tutto rigorosamente in silenzio, onde mantenere un minimo di dignità e non fare la figura dei bambini delle elementari che si tirano le gomme.


Non aggiungo altro, se non che sono tornata a casa stanca ma con un sorriso stampato in faccia che non voleva proprio saperne di sparire. 
Che dire: un piccolo passo per l'umanità, una falcata da Gatto con gli Stivali per la sottoscritta.





P.S. Rileggendo mi rendo conto che, per paturnie mie, non ho menzionato il disco in questione che è Come è profondo il levare, omaggio a Come è profondo il mare di Lucio Dalla. Un grazie a Matteo Romagnoli e alla Garrincha Dischi.
P.P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press