martedì 30 ottobre 2012

La vita non è tutta Gioia e tutù

Per la prima volta in non so mai quanto tempo ho partecipato a un incontro organizzato dall'amministrazione comunale per presentare ai cittadini (sottolineo ai cittadini) alcuni progetti di riqualificazione del centro.
C'è stato un po' di tutto, dal tipo che si alza per fare un commento e urla per dieci minuti esatti, al sindaco che conclude il suo intervento con "Buona visione a tutti" facendo un po' l'effetto di una Signorina Buonasera della Rai, fino a quelli che, sicuramente per risultare più comprensibili a noi semplici cittadini, ci hanno sommerso di project financing e collettare gli scarichi, il tutto abbondantemente condito con generose dosi di  fondamentalmente quant'altro e puntatine di piuttosto che usato alla come capita.
La cosa più apprezzata della serata è stata il timer (saggiamente impostato sui dieci minuti) che allo scadere del tempo faceva suonare un gong a tutto volume; almeno sapevi che qualunque cosa ti riservasse l'amaro destino non sarebbe durata più di dieci minuti.
Nel corso della serata mi sono ritrovata più volte a riflettere su quanto sia spaventoso trovarsi costretti a parlare di fronte a un pubblico: tutta sta gente che se ne sta lì e ti fissa come se si aspettasse di vederti fare qualche gioco di prestigio, magari camminare sui trampoli o fare piroette, roba da fare venire la pelle d'oca anche a Terminator.
Mi è tornato in mente un episodio di Seinfeld in cui il comico americano, in uno dei suoi monologhi, aveva citato un sondaggio che indagava le più grandi paure dei cittadini americani: pare che al primo posto ci fosse proprio il dover parlare in pubblico. Al secondo posto c'era la morte. Non scherzo, la morte veniva dopo.
Ovvio che ognuno di noi trova un suo modo di gestire le situazioni stressanti; ho sentito consigliare le soluzioni più inverosimili, per esempio immaginarsi il pubblico nudo, sperando di ridurre la soggezione che si prova di fronte alla folla.
Evidentemente il saggio in questione non aveva mai considerato che ci sono cose che nessuno dovrebbe mai vedere, neppure immaginare, scene che rischiano di  restarti scolpite nel cervello e poi perseguitarti per tutta la vita.
A questo proposito ricordo un cenone di capodanno in cui un'attempata signora americana non proprio filiforme si presentò in sala con un abito con bustino e gonna di tulle, stile ballerina della Scala; trattandosi della sera di San Silvestro, momento che pare autorizzare le più agghiaccianti nefandezze stilistiche, mi dissi che tutto sommato poteva andare peggio. A ripensarci adesso direi che no, non poteva. Mentre l'aspirante ballerina chiacchierava amabilmente con il marito, il caso volle che le cadesse di mano qualcosa, non so cosa ma doveva essere importante poiché ella si affrettò a chinarsi per raccoglierlo; peccato che, insieme al busto, dimenticò di piegare le ginocchia e la gonna tullosa si sollevò completamente, rivelando che sotto il vestito la signora non portava le mutande bensì un PERIZOMA. Ripeto, un PERIZOMA.
Nonostante siano passati anni, ci sono giorni in cui la mia mente abbassa la guardia per un istante e quell'immagine si ripresenta in tutto il suo orrore. E' successo proprio oggi, mentre scrivevo questo post.

Ma torniamo al tema in questione; come stavo dicendo, parlare in pubblico non è facile, lo è ancora meno se qualche genio decide di illuminare il podio con un faro da un milione di watt puntato direttamente sul relatore, il quale può scegliere se guardare la platea e farsi cuocere la faccia/bruciare le retine, oppure fregarsene delle buone maniere e voltare le spalle al pubblico (in quel caso si consiglia di indossare indumenti di colore chiaro, onde evitare agli intervenuti la triste visione di una giacca innevata di forfora).
Intrappolato in un ambiente ostile, il povero relatore cerca disperatamente una via d'uscita onorevole; le convenzioni sociali gli impediscono di darsi semplicemente alla fuga, essendo che teme il giudizio del pubblico (poi se ti lanci di corsa verso l'uscita c'è il rischio che qualche bastardo stenda una gamba e tu finisca steso a pelle d'orso sul pavimento e con inevitabile foto dilangante sui media il giorno dopo), quindi si butta sulla velocità e inizia a parlare a un ritmo talmente frenetico da farti venire il dubbio che sia in realtà un androide, almeno fino a quando non inizia impappinarsi ogni tre per due, risultando largamente incomprensibile. È evidente che quel fascio di nervi in completo a giacca spera semplicemente di uscire quanto prima dal nero tunnel, cosa tutto sommato comprensibile e accettabile, eccetto per coloro che a) dovranno poi commentare l'intervento, b) magari devono tradurlo in altra lingua.

Quanto detto finora ha lo scopo di dimostrare che sono consapevole delle difficoltà che il relatore medio deve affrontare; ciononostante, malgrado ciò, tuttavia, insomma:

mi sono rotta gli zebedei di tutta sta gente che al momento di pronunciare il suo discorso, tira fuori un malloppo di fogli e, senza mai alzare gli occhi verso il pubblico, si limita a leggere un testo scritto, ovviamente con il trasporto di Trenitalia che annuncia l'ennesimo ritardo dell'Eurostar.
Gioia, a questo punto tanto valeva mandarmi il file per posta elettronica, potevo leggerlo comodamente a casa mia, stesa sul divano con una copertina sulle ginocchia, cosa son venuta a fare qua?


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