lunedì 1 giugno 2015

La fede salta fuori quando meno te lo aspetti

La psiche della folla è un mistero insondabile, all'aumentare della densità umana in una stanza diminuisce inspiegabilmente il QI, un fenomeno noto ai più come invornimento collettivo. 
Arriviamo in aeroporto e raggiungiamo il gate ancora deserto (hostess non pervenute), trovandoci
davanti una fila interminabile di gente e trolley. 
In passato avrei trovato questa scena estremamente divertente ma perlomeno comprensibile, chi viaggiava con Ryanair infatti non aveva il posto assegnato e quindi se proprio volevi sederti accanto a qualcuno non ti restava che infilarti un pugnale tra i denti e gettarti nella mischia per accaparrarti due posti vicini; negli ultimi tempi invece la situazione è cambiata radicalmente con l'introduzione da parte della compagnia aerea del più civile sistema del posto numerato. 
Oddio, cambiata si fa per dire, almeno a giudicare dall'anaconda di passeggeri e bagagli che ho davanti agli occhi. 
La scena mi fa tornare in mente quella volta a Cuba che io e Rico decidemmo di prendere l'autobus per andare in spiaggia; anche in quel caso avevamo i biglietti numerati ma la gente continuava a spingere a destra e a sinistra tentando di avvicinarsi alla porta. A un certo punto, temendo che mi fosse sfuggito qualcosa causa lingua straniera, ho consultato una signora vicino a me: 
"Scusi, ma non abbiamo tutti i posti numerati?" 
"Sì"
"Ma allora perché tutti spingono, tanto entra solo chi ha il biglietto giusto!"
"Abitudine"
Evidentemente tutto il mondo è paese.
Iniziano finalmente a imbarcare e, dopo una buona mezz'ora, quando l'anaconda si è ormai ridotta a un'anguilla, io e Sara, la mia collega, ci alziamo e passiamo il gate pronte a salire sull'aereo, peccato che una volta varcato il maledetto cancelletto scopriamo che l'anaconda di cui sopra non è affatto scomparsa, si snoda allegramente per ben quattro rampe di scale, fin dentro all'aereo.
Tutto sto casino è dovuto al fatto che ci fanno salire solo dalla porta anteriore e ci vuole una vita, questo nonostante le posteriore sia già in posizione, il mistero s'infittisce.
Ci mettiamo tutti in fila rassegnati, pare che la cosa andrà per le lunghe... Inizia pure a cadere una leggera pioggerella, un po' come in Frankenstein Junior:
"Potrebbe andare peggio"
"E come?"
"Potrebbe piovere"
Finalmente ci danno il permesso di usare anche la porta posteriore e io che ho il posto numero 25 non me lo faccio dire due volte; guadagno finalmente il portellone d'ingresso e sto per sospirare di sollievo ma qualcosa non va, nonostante ci provi non riesco ad arrivare al mio posto perché parecchia gente con i posti dal 20 in poi è entrata dalla porta anteriore quando quella dietro ancora era bloccata e ora vuole che io mi faccia da parte per raggiungere il proprio posto. Credo che si chiami impasse.
Alla fine, grazie a un fine lavoro di coltello (leggi mettendomi di traverso e strisciando come una biscia) conquisto l'agognato posto e collasso, non ne ho proprio più da spendere...
Una penserebbe di averne avute abbastanza per una sola giornata e invece le sorprese continuano; all'arrivo in hotel scopriamo, per puro caso, che il convegno non si terrà i quell'albergo ma altrove, peccato che nessuno si sia preso il disturbo di informarci. Alla reception non sanno nulla ma hanno sentito altri ospiti parlare di una navetta alle 8 di mattina. Ringraziamo e  diamo la buonanotte, domani saliremo su quel maledetto pullman e speriamo che sia quello giusto altrimenti chissà dove finiamo...
In camera mi faccio una doccia e mi infilo a letto. Sono sul punto di spegnere quando mi arriva una mail dell'organizzatrice che, a mezzanotte e venti, ci manda gli interventi del giorno dopo e ci tiene a precisare che stava per dimenticarsene.
È così bello quando ti fanno sentire importante.
Faccio l'una per leggere almeno il primo intervento poi li maledico fino alla terza generazione e spengo la luce ripetendomi che domani è un altro giorno.
La sveglia suona alle 6.30, devo leggere almeno un altro discorso e farmi una doccia prima di uscire.
Li odio tutti.
I testi non sarebbero così difficili se fosse pomeriggio e io fossi comodamente seduta sul divano di casa mia ma la mattina presto in pigiama e con cinque ore di sonno all'attivo mi sembrano incunaboli.
Scendo a fare colazione e poi via sul pullman verso la misteriosa destinazione; almeno in teoria perché per minimo venti minuti ce ne stiamo seduti ad aspettare gli inevitabili ritardatari. Penso a quanto mi avrebbero fatto comodo venti minuti di sonno in più  e ricomincio a maledirli sottovoce, penseranno che sto recitando il rosario.
Non credo serva descrivere il resto della giornata, va da sè che una volta sopravvissuta a tutto quello che ho descritto mi poteva abbattere solo Godzilla. E almeno lui, grazie a Dio, aveva altro da fare.



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