sabato 28 settembre 2013

Tondo è bello

Abbiamo già parlato in passato delle molte difficoltà che si trova ad affrontare il musicista nella sua vita, appunto, di musicista; è quindi giunto il momento di mettere da parte gli artisti e parlare per un po' di noi del popolo e di quello che capita quando il volgo si mette in testa di andare a vedere un concerto. 
Riconosco che spesso tutto fila liscio: vai, prendi da bere, ti godi il tuo concerto e torni incolume, però ci sono le altre volte, quelle dispari, ed è appunto di quelle che mi accingo a parlare.
Ovviamente quella che vado a raccontare è una delle molte esperienze accumulate nel corso degli anni; per amor di brevità (e anche un po' per pietà nei vostri confronti), oggi mi limiterò a questa, lasciando a post futuri il compito di completare il quadro.


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E' una bella giornata, ho finito di lavorare presto (o forse quel giorno non lavoravo proprio) e quindi ho voglia di uscire e passare una bella serata in compagnia, magari andando a vedere un bel concerto. Passo a prendere la Rini a domicilio e mi lancio (si fa per dire, la Fiesta ha i suoi anni) sulla E45 in direzione Ravenna, confidando che il navigatore ci condurrà fino al Mama’s dove Farnedi ha in programma un  suo concerto. Giunta in fondo alla strada, laggiù dove l’oscurità è assoluta, sono lì che guardo il navigatore per capire quale delle due uscite prendere, onde evitare di finire a Ferrara, quando all’improvviso mi trovo i fari di un’auto puntati addosso.

La prima cosa che immagino venga in mente a entrambe (la Rini mi correggerà se sbaglio) è: Oddio, ci rapinano!
Avvicinandoci un po’ di più noto un tizio in piedi  e capisco che trattasi di un controllo della Guardia di Finanza (che poteva trovare anche un altro posto dove non rischiava di far venire un infarto ai conducenti ma comunque). Il tipo mi chiede patente e libretto come da programma e, mentre io scartabello nel vano documenti alla ricerca del libretto, comincia a fare alla Rini un sacco di domande su dove andiamo, cosa facciamo, quale concerto, insomma un pacco di fatti nostri, che ti verrebbe da dire alla faccia della privacy ma, cosa volete che vi dica, faccio sempre fatica a trovare da discutere con  chi ha il porto d’armi. Tutto questo mentre il suo zelante collega mi controlla la patente.
E qui ecco che ti arriva il colpo di scena: non riesco a trovare il libretto della macchina. Ora, nel mio universo di maniaca del controllo, scoprire che il libretto della macchina non è al suo posto è paragonabile allo scoprire che la terrà in realtà è piatta e che a un certo punto c’è un’enorme cascata dove tutto precipita nel nulla, in sostanza: non è concepibile, non esiste, NO. 
Alla notizia che non trovo il libretto l’uomo della legge non fa una piega e ci dice: andate pure, al che io lo guardo incredula e ribatto: No, No, il libretto deve saltare fuori!  
Nel frattempo la Rini mi sta dando vigorosamente di gomito (lividi ovunque) e sibilando: Dai che ha detto che possiamo andareeeee!!!! quindi, seppur controvoglia, riparto e mi dileguo.
Fortunatamente, un secondo controllo, una volta arrivati al locale, rivela il libretto in fondo al plico di documenti nell’apposito vano, il meccanico che ha portato la macchina a fare la revisione non l’ha rimesso nella sua cartellina di plastica (anatema!)
Mi sfugge un sospiro di sollievo, sono stati momenti difficili ma alla fine tutto è tornato alla normalità, il mondo è salvo e la terra è di nuovo rotonda.




P.SQuesto articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press

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