martedì 11 marzo 2014

Estremo Oriente con Estrema Riluttanza: un viaggio, un delirio, un karma

Oggi siamo in partenza per la Cambogia, viaggio in autobus con durata prevista di nove ore (quindi potenzialmente di quindici, niente panico). Chiaro che prima dobbiamo arrivare alla stazione di Mo Chit che trovasi non proprio dietro l'angolo quindi  non c'è tempo da perdere, alle 07.00 ci alziamo e senza neppure fare colazione (la faremo in stazione) scendiamo in strada alla ricerca di un taxi.
Ieri il percorso dalla stazione dei bus fino all'albergo (eravamo andati a fare i biglietti) ha richiesto poco meno di mezz'ora ma si sa che la mattina a Bangkok nell'ora di punta è tutta un'altra storia quindi, anche se il nostro autobus parte alle 9.00, alle 7.30 stiamo già salendo sul taxi.
Si dà il caso che il mezzo che abbiamo scelto sia guidato da uno di quegli individui che da noi in Romagna sono generalmente noti come rabaziéri, quelli che cercano di fregarti anche mentre respirano, non ce l'hanno con te, ce l'hanno nel DNA.
Il tizio in questione, il cui tassametro è abilmente coperto da un enorme groviglio di oggetti appesi allo specchietto retrovisore, inizialmente tenta di estorcerci quasi il triplo rispetto a quanto pagato il giorno
prima per lo stesso tragitto, poi dopo un duro negoziato concordiamo 200 baht + 50 per il pedaggio dell'autostrada (necessaria dato il traffico in città). Pur essendo una cifra superiore a quanto pagato ieri, alla fine accettiamo, più che altro per sfinimento.
Una volta conclusa la trattativa ci rilassiamo sul sedile posteriore del taxi convinti che ormai il più sia fatto ma non ci vuole molto prima che ci rendiamo conto che la cosa butta male, perché a Bangkok quando butta male butta veramente male, puoi passare mezz'ora immobile nello stesso punto senza alcuna motivazione apparente se non il fatto che quelli davanti a te non si muovono.
Decidiamo di prenderla con filosofia, dopotutto abbiamo un'ora e mezza e ci basta arrivare all'autostrada, una volta là il traffico scorrerà sicuramente meglio. Peccato che questa benedetta autostrada non arrivi mai, mentre il taxi si muove a singhiozzo e le 9 si avvicinano sempre di più.
Non essendo abituata a mangiarmi le unghie, mentre Rico tamburella nervosamente con le dita sullo sportello, io mi limito a farmi venire la gastrite e, con lo sguardo perso e la speranza in rovinosa picchiata (sono ormai passate le 9), comincio a elaborare piani di emergenza, tutti con un unico comune denominatore: io a Bangkok non voglio restare quindi l'unica è arrivare alla stazione e poi scegliere una destinazione tra quelle degli autobus che partono stamattina. L'avventura con la A maiuscola.
Mentre il cervello elabora opzioni, alzo distrattamente gli occhi e così, senza alcun preavviso, mi trovo davanti la stazione dei bus mentre un pensiero si fa prepotentemente strada accompagnato da un giramento di zebedei di proporzioni cosmiche: lo stronzo non ha preso l'autostrada, probabilmente contando sul fatto che non ce ne saremmo accorti e avrebbe quindi intascato dei soldi in più. Guardo Rico e anche lui se n'è accorto, gli fa presente che non ha preso l'autostrada e chiede una spiegazione, ma quello fa finta di niente e si ferma davanti all'ingresso.
C'è da dire che io quando mi arrabbio per davvero non perdo le staffe, non urlo, al contrario divento estremamente calma; ho chiesto a Rico di scaricare i bagagli e poi mi sono piantata davanti al tizio con una faccia che immagino parlasse da sola e gli ho detto che lui l'autostrada non l'aveva presa per cui i soldi in più se li poteva scordare perché ci aveva fatto perdere l'autobus e quindi un sacco di soldi; il nostro eroe l'ha presa bene, da vero signore, mi ha mostrato il dito e regalato un simpatico fuck you.
Paese che vai, rabaziere che trovi.
Siamo entrati in stazione parecchio mogi (io più che altro mandavo fiamme dal naso) e siamo andati verso la corsia del bus per la Cambogia per vedere se magari quel giorno c'era un'altra corsa.
Il bus era ancora lì!
Causa traffico mancavamo all'appello in quattro e, avendo dato loro i nostri nominativi la sera prima, ci stavano aspettando nonostante fossero le 9.15 (avremmo imparato dopo che l'orario di partenza dei bus in Thailandia è piuttosto elastico)
Non sto a dirvi il sollievo e la felicità all'idea di non dover cambiare tutti i nostri programmi. Siamo saliti scusandoci del ritardo e dopo qualche minuto, una volta arrivati anche gli ultimi due e il bus è partito in direzione Cambogia, un viaggio lungo (causa anche burocrazia lentissima al confine) ma sostanzialmente tranquillo.
Appena scesi dall'autobus a Siem Reap siamo stati arpionati dall'autista di un tuk tuk che ci ha portati all'albergo che avevamo scelto (dove fortunatamente avevano una camera libera e soprattutto una piscina sulla terrazza) e poi si è gentilmente offerto di portarci l'indomani mattina a visitare il complesso di templi di Angkor Wat.
Stavamo per accettare quando l'uomo ci ha informati che il momento migliore per visitare il complesso è l'alba, per cui sarebbe passato a prenderci alle ore 5.00.
Ora, non so voi ma io non riesco a pensare a un motivo abbastanza importante per cui io debba alzarmi alle 4.50 di notte, oltretutto in vacanza, quindi stavo per rispondere che se lo poteva sognare ma poi Rico ha insistito dicendo che se tutti andavano a quell'ora ci  doveva essere un motivo e che così avrei sofferto meno il caldo, io che me ne lamento sempre! A quel punto, probabilmente a causa della fatica e dello stress accumulati durante la giornata, il mio cervello è andato in tilt e quando finalmente si è riconnesso eravamo già in camera e l'escursione era stata concordata, per fortuna per due giorni dopo.
Un'ora più tardi, mentre sguazzavo in piscina godendomi il fresco dopo una giornata decisamente intensa, due pensieri facevano prepotentemente capolino nella mia testa:
1) come diavolo farò a svegliarmi alle 4.50? Sopravviverò per raccontarlo?
2) se l'autista rabaziere avesse usato il tassametro (che quando il taxi va molto piano inizia a tariffare a tempo) avrebbe probabilmente guadagnato di più.
Chissà se anche in Thailandia lo chiamano karma.

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